A proposito di emozioni…  invidia, gelosia, avidità … quale legame?

Invidia, gelosia e avidità sono tre emozioni che hanno molto in comune. Quando si manifestano in modo molto intenso, possono diventare dei veri e propri tormenti e influenzare negativamente le relazioni interpersonali. Secondo la psicoanalista Melanie Klein (1969), la loro origine è da ricercare in uno smacco evolutivo che ha impedito, nelle prime fasi della vita, l’introiezione di un oggetto buono, cioè di una fonte interna di tranquillità e serenità.

Vediamo sinteticamente le caratteristiche di queste tre emozioni.

L’invidia è definibile come un sentimento di rabbia dovuto al fatto che un’altra persona possiede qualcosa che desideriamo, e ne gode. A volte si configura come uno stimolo per raggiungere degli obiettivi o per migliorare una situazione di vita. Se, tuttavia, come accade in alcune tipologie di personalità, è molto intensa può trasformarsi in dolore e tradursi in atteggiamenti distruttivi verso gli altri o verso se stessi, finalizzati a togliere o danneggiare ciò che l’altro possiede e che è sentito come inaccessibile a sé.
La gelosia implica la presenza di almeno tre persone ed è «una reazione di odio e di aggressività a una perdita reale o minacciata» (Klein, p. 44, trad. it 1969), accompagnata dall’umiliazione che nasce dal venir meno del senso del proprio valore e della sicurezza nel proprio mondo mentale. È relativa a un amore che il soggetto sente come proprio e che teme gli sia portato via da un rivale. Si lega alla paura profonda di non valere abbastanza.
L’avidità è «un desiderio imperioso ed insaziabile che va al di là dei bisogni del soggetto e di ciò che l’oggetto vuole e può dare» (Klein, trad. it 1969, p. 18). Riuscire a ottenere molti beni o risultati elevati risponde al bisogno interno di dimostrare che si è degni di amore, stima e rispetto. La bramosia di beni serve, in questo senso, come prova di rassicurazione contro le paure del vuoto interno e di impulsi distruttivi che fanno sentire l’individuo, davanti a se stesso e davanti agli altri, non amabile.
Invidia, gelosia e avidità, nelle loro specifiche caratteristiche, sono, dunque, vissuti molto legati fra loro e originano da un mondo interno popolato da “oggetti cattivi e persecutori”. È con la rabbia e con la convinzione profonda di non possedere cose buone dentro di sé che l’individuo combatte la sua battaglia ed è questo assetto interno a far sì che egli incontri sempre un oggetto invidiato, uno di cui essere geloso e che sempre si senta insoddisfatto e affamato. Il punto non è quanti soldi si hanno, quale lavoro prestigioso si svolga o quanti figli si siano messi al mondo; il punto è la capacità di godere di ciò che si ha e questa condizione è più legata ad un senso di stabilità interno che alle condizioni esterne. Diventa inutile possedere molto, avere ciò che altri hanno se non si ha la possibilità di sentirne la bontà. 
Il ripristino o, in alcuni casi, la costruzione del senso del proprio valore si traduce in una simbolica ricchezza interna, attraverso cui è possibile non solo mitigare le emozioni negative ma far fiorire le risorse specifiche e uniche di ognuno di noi. Il riconoscimento delle proprie qualità, della propria unicità è la strada da percorrere per godere di ciò che abbiamo e di ciò che siamo.