Copione psicologico e cambiamento
Il concetto di copione spiega come, nel corso della nostra vita, riproponiamo continuamente modi di fare e di sentire che risultano disfunzionali e dolorosi.
Nella quotidianità osserviamo con frequenza persone che si comportano sempre nello stesso modo, sebbene questo modo procuri loro sofferenza e frustrazione, come se seguissero un destino predeterminato. Accanto a persone che amano la vita, sono incuriosite da cose nuove e se ne entusiasmano, ci capita di osservarne altre che sembrano girare in circolo, senza raggiungere mai ciò che desiderano e vivendo ogni giorno uguale all’altro; ne vediamo altre che vivono aspettando che ogni giorno passi, esistendo ma senza vivere davvero; ne vediamo altre ancora che lottano per raggiungere risultati sempre più elevati, ma impedendosi di godersi i traguardi che via via raggiungono. Ci sono altre persone, infine, che mettono in atto comportamenti autodistruttivi abusando di alcool, di droghe, di cibo.
Ognuna di queste persone è nel proprio copione che, come a teatro, ha un inizio e una fine, una trama, dei personaggi e dei ruoli.
In “ciao! …E poi?” Berne definisce il copione “un piano di vita inconscio che si basa su una decisione presa durante l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi, e che culmina in una scelta decisiva” ( Berne, 1972). Le decisioni prese durante l’infanzia su di sé e sugli altri, rappresentano la migliore strategia individuata dal bambino per sopravvivere in un mondo che spesso sembra ostile e minaccioso. Tali decisioni si basano su un’analisi della realtà distorta e irrazionale, così come può essere quella effettuata da un bambino; da adulti, tuttavia, in situazioni di stress o che ricordano scene dolorose della prima infanzia, tendiamo ad utilizzarle e a seguirle.
La ragione per cui non ci lasciamo alle spalle tali decisoni è da ricercare nel tentativo che anche in età adulta tendiamo a reiterare di ottenere amore e attenzioni incondizionati dalle figure genitoriali; il fine è quindi quello di risolvere quanto è rimasto incompiuto quando eravamo bambini!
La comprensione del copione è importante nel processo di raggiungimento del benessere poiché consente alla persona di individuare i bisogni che non furono esauditi durante l’infanzia, e soddisfarli usando, però, le risorse adulte e abbandonando le soluzioni magiche individuate da bambini.
Da questo punto di vista, io intendo il benessere o la cura proprio come la possibilità di individuare alternative a modi di fare che sono fonte di sofferenza ma ai quali la persona é fortemente ancorata. Pensando il benessere inteso come liberazione da schemi di copione, mi piace molto quello che hanno scritto i Goulding a proposito del curare le persone: “a noi interessa , e insegniamo, qualunque cosa funzioni, qualunque cosa funzioni a guarire la gente dalle proprie fobie, a trasformare la propria angoscia in entusiasmo, a interrompere comportamenti coatti, a smettere di essere depressa e a godersi la vita, invece” ( Goulding, 1979).
Trovo molto interessante pensare alla psicoterapia come a un percorso in cui la persona impara come procurarsi benessere e come godere della vita.
Questa possibilità mi sembra legata proprio all’individuazione e all’uscita dal proprio copione, alla possibilità che la persona si costruisce in terapia, di ridecidere rispetto a decisione antiche ed autolimitanti.
Nella terapia ridecisionale, la persona è responsabile del proprio cambiamento e si riappropria dei propri pensieri, delle proprie emozioni e dei propri comportamenti.
Parabola dell'aquila
Una giorno un contadino, attraversando la foresta, trovò un aquilotto, lo portò a casa e lo mise nel pollaio.
L'aquilotto imparò presto a beccare il mangime delle galline e a comportarsi come loro. Un giorno passò di là un naturalista e chiese al proprietario perché costringesse l'Aquila, regina di tutti gli uccelli, a vivere in un pollaio. "Io le do da mangiare, le ho insegnato ad essere una gallina e l'Aquila non ha mai imparato a volare, si comporta come una gallina, dunque non è più un'aquila", rispose il proprietario e il naturalista: "Essa si comporta esattamente come una gallina, quindi non è più un'Aquila, tuttavia possiede il cuore di un' Aquila e può sicuramente imparare a volare".
Dopo aver discusso della questione i due uomini si accordarono per verificare se ciò fosse vero. Il naturalista prese con delicatezza l’Aquila fra le braccia e le disse: "Tu appartieni al cielo e non alla terra, spiega le tue ali e vola".
L’Aquila tuttavia era disorientata, non sapeva chi era e quando vide che le galline beccavano il grano saltò giù per essere una di loro.
Il giorno seguente il naturalista portò l'Aquila sul tetto della casa e la sollecitò di nuovo: "Tu sei un'Aquila, apri le tue ali e vola". Ma l'Aquila ebbe paura del suo sé sconosciuto e del mondo e saltò giù nuovamente tra il mangime. Il terzo giorno il naturalista si alzò presto, prese l'Aquila dal pollaio e la portò su un alto monte.
Lassù tenne la regina degli uccelli in alto nell'aria e la incoraggiò di nuovo: "Tu sei un'Aquila, tu appartieni tanto all'aria quanto alla terra. Stendi ora le tue ali e vola". L’Aquila si guardò attorno, guardò di nuovo il pollaio, poi il cielo e continuava a non volare. Allora il naturalista la tenne direttamente contro il sole e allora accadde che essa incominciò a tremare e lentamente distese le sue ali. Finalmente si lanciò con un grido trionfante verso il cielo.
Può darsi che l’Aquila ricordi ancora le galline con nostalgia, può persino accadere che visiti di quando in quando il pollaio. Tuttavia per quanto si sappia non è mai ritornata e non ha più ripreso a vivere come una gallina.
Era un'Aquila sebbene trattata ed addomesticata come una gallina!Così come l’aquilotto, ogni persona che abbia imparato a considerarsi come in realtà non è, può scoprire la sua vera essenza, uscire dallo schema fisso in cui vive e riscrivere un nuovo copione.
Introduzione all'Analisi Transazionale
Gli Stati dell'Io
Ripensate alle ultime 24 ore della vostra vita.
In questo arco di tempo ci sono stati dei momenti in cui avete agito, pensato e provato emozioni in modo simile a quando eravate bambini?
Ci sono stati altri momenti in cui vi siete ritrovati a comportarvi, a pensare e a sentire in modi che vi ricordano i vostri genitori?
Infine, ci sono state delle circostanze in cui i vostri comportamenti, le vostre azioni e i vostri sentimenti sono stati semplicemente una risposta al qui ed ora, cioè a quanto stava avvenenendo intorno a voi, senza ricalcare modi genitoriali o senza rifarvi alla vostra infanzia?
Seguendo il modello dell'AT, possiamo affermare che nella prima situazione agivate, pensavate e sentivate a partire dallo Stato dell'Io Bambino; nel secondo caso eravate nello Stato dell'Io Genitore e nell'ultima situazione nello Stato dell'Io Adulto.
Lo svolgimento di questo breve esercizio, consente una prima familiarizzazione con il modello tripartito degli Stati dell'Io. Esso è convenzionalmente rappresentato come un insieme di tre cerchi disposti l'uno sopra l'altro (v. figura in alto a destra).
Ogni Stato dell'Io ha una sua programmazione. Alcune persone reagiscono da uno Stato dell'Io più spesso che dagli altri. Ad esempio, le persone che attivano con maggiore frequenza lo Stato dell'Io Genitore, hanno una visione della realtà e degli altri simile a quella che avevano i loro genitori. In questo caso la loro capacità di percepire il mondo risulta limitata o distorta.
Per un buon equilibrio della nostra personalità abbiamo bisogno di attingere alle risorse di tutti e tre gli Stati dell'Io, mentre il disagio è proprio legato ad una condizione di non integrazione fra Genitore, Adulto e Bambino.
Di seguito, è riportato l'articolo di approfondimento di Analisi Transazionale pubblicato sulla rivista Psicologia, Psicoterapia e Salute, 2010, Vol. 16, No. 1, 27-56.
Autrici: Antonella Liverano, Beatrice Piermartini
Sviluppi sulla relazione terapeutica dell’uso del concetto di Adulto integrante: un esempio clinico
Toccherà mai la superficie della mia piena coscienza quel ricordo, l’attimo antico che l’attrazione d’un attimo identico è venuta così di lontano a richiamare, a commuovere, a sollevare nel più profondo di me stesso? Non so
Marcel Proust
In questo articolo riprenderemo un dibattito teorico che attualmente anima i terapeuti AT : il concetto dello Stato dell’Io Adulto integrato/integrante.
Collegheremo i concetti di Adulto integrante con gli studi sulla memoria effettuati nell’ambito delle neuroscienze e ne evidenzieremo le proprietà e le potenzialità a partire da due frammenti clinici.
Krumper commentava già 25 anni fa: Lo Stato dell’Io Adulto sembra non ricevere molte attenzioni da parte dell’AT”, osservazione questa, valida oggi come allora.
In Berne, come d’altronde nella teoria e pratica dell’AT, l’Adulto è lo stato dell’Io che rimane, dopo che tutti gli elementi del Bambino e del Genitore sono stati analizzati e che si riduce “alla realtà del vivere terreno”. Questo stato dell’Io, concentrato unicamente sul presente, sa agire in autonomia (con consapevolezza, spontaneità e intimità).
K. Tudor sviluppa un ampio concetto dell’Io Adulto proprio di una personalità vibrante, capace di elaborare ed integrare sentimenti, atteggiamenti e pensieri, e di adottare un comportamento appropriato al qui- ed- ora in ogni fase della vita.
L’Adulto Integrato, o meglio, Integrante, descrive la capacità dell’individuo di riflettere ed integrare i propri stati arcaici così come le introiezioni risalenti al passato, per utilizzarli al fine di stabilire relazioni incentrate sul presente, nella vita come nel setting terapeutico, sia egli un paziente o un terapeuta.
Lo Stato dell’Io Adulto
Berne (1964, pag. 75) descrive lo stato dell’Io Adulto come “caratterizzato da un insieme autonomo di sentimenti, atteggiamenti e comportamenti che sono adeguati alla realtà attuale”.
L’Adulto prende in considerazione ed integra tutto ciò che accade, momento per momento sia dentro che fuori di sé; integra le esperienze passate e le conseguenze che ne derivano; integra e effettua l’identificazione con le persone significative della propria vita. L’Adulto quindi è un motore al comportamento attuale; determina la capacità di impiegarsi in relazioni mature e la capacità di effettuare ragionamenti astratti, logici e creativi.
Lo Stato dell’Io A rappresenta una persona biologicamente matura con un funzionamento adulto pienamente sviluppato. Berne lo divise in due parti: una capacità di piena reazione emotiva (PATHOS) e un insieme guida di valori elaborati (ETHOS), caratteristiche tutte che mediano i bisogni della persona in risposta alle risorse disponibili nell’ambiente. La conquista dell'autonomia (James M., Jongeward D., Nati per Vincere - Integrazione relativa al Cap. 10, sull'A Integrato) è lo scopo fondamentale dell'AT. Essere autonomi significa essere in grado di governare se stessi e di determinare il proprio destino (assumersi la responsabilità delle proprie azioni e sentimenti e abbandonare i comportamenti non adatti al "qui e ora"). Tutti possiamo raggiungere un certo grado di autonomia, ma pochi la raggiungono realmente.
L’A integrato attinge dai serbatoi dello Stato dell’Io B e G. Rispettivamente il loro contenuto puo’ agire per incrementare o sostenere il funzionamento sano; dall’altra parte, una tale programmazione dello Stato dell’Io, se basata su introiezioni patologiche o fissazioni arcaiche, riduce il funzionamento dell’A nel qui e ora. Questa concettualizzazione riprende quanto detto da Federn: “I sentimenti sono coerenti con una maturità e un Io corporeo congruente con la propria età cronologica”.
Berne (Fare l'amore, p. 194) scrive:
"L'uomo è nato libero, ma tra le prime cose apprende ad agire secondo direttive altrui e trascorre tutto il resto della vita a fare ciò. La sua prima schiavitù è nei confronti dei genitori. Egli segue per lo più le loro istruzioni, solo in pochi casi mantenendo il diritto di scegliere i propri metodi e consolidandosi così con un'illusione di autonomia".
Ci si illude di aver conquistato l'autonomia e aver cambiato il proprio copione mentre ne è cambiato solo lo scenario oppure i personaggi o i costumi, non l'essenza fondamentale. Una persona realmente autonoma, secondo Berne (A che gioco giochiamo, p. 205) , è quella che dimostra di "possedere o recuperare tre capacità: consapevolezza, spontaneità, intimità".
L'Adulto Integrato
Impegnandoci a raggiungere l'autonomia, sviluppiamo le nostre capacità di consapevolezza, spontaneità e intimità; facendo questo sviluppiamo uno Stato dell'Io Adulto integrato. In tale processo di integrazione da una parte c'è il filtraggio, da parte dell'A, di una grande quantità di materiali del G e del B; dall'altra c'è l'apprendimento di nuovi modi di comportamento.
Berne (AT e psicoterapia 1961, p. 174 -175, e 173) descrive così l'A integrato:
"Sembra che in molti casi alcune qualità del B si integrino nello stato dell'io A in modo molto diverso da quanto accade in un processo di contaminazione. Resta ancora da chiarire il meccanismo di tale integrazione, ma possiamo osservare che alcune persone, anche funzionando da Adulti, hanno un fascino e una spontaneità naturale che ricordano quelle dei bambini. A tali doti si associano sentimenti di responsabilità nei confronti dei resto dell'umanità che possiamo definire con il termine classico di pathos. Vi sono d'altra parte qualità morali, quali il coraggio, la sincerità, la lealtà, la attendibilità, che universalmente ci aspettiamo da persone che assumono responsabilità adulte: qualità che non soddisfano meri pregiudizi locali ma un ethos di portata universale. In questo senso possiamo dire che l'Adulto ha aspetti infantili e aspetti etici, ma comunque questa rimane ancora l'area meno chiarita dell'analisi strutturale, e quindi non è possibile oggi darne una definizione clinica. A livello accademico e nel tentativo di spiegare alcuni fenomeni clinici, tuttavia, si potrebbe sostenere una suddivisione dell'Adulto in tre aree: responsabilità etica, elaborazione dei dati oggettivi, attrattiva e responsabilità personali.
Da un punto di vista transazionale, ciò significa che chiunque abbia un funzionamento Adulto dovrebbe idealmente esibire tre tipi di tendenze: attrattive e responsabilità personali, capacità di obiettiva elaborazione dei dati, responsabilità etica (morale) rappresentanti, rispettivamente, gli elementi archeopsichico, neopsichico ed esteropsichico “integrati” nello Stato dell’Io neopsichico, forse come influenze (v. cap. 20). Questo tentativo di formulazione è rappresentato nella figura. La persona `integrata' è affascinante, ecc., coraggiosa, ecc., nel suo stato Adulto, quali che siano le qualità possedute o meno dai suoi stati dell'io B e G. La persona `non integrata' può rifugiarsi nell'essere affascinante, e sentirà che dovrebbe essere coraggiosa."
Nel corso di tale "processo" di integrazione la persona si assume la responsabilità di tutto ciò che sente, pensa e crede, e ha, o sviluppa, un sistema etico di vita: ethos. Raccoglie inoltre informazioni e le elabora oggettivamente: technos. Inoltre si dimostra indulgente nei rapporti sociali e sperimenta emozioni di passione, tenerezza, tolleranza: pathos.
Chi ha un A integrato può a volte tornare a forme arcaiche di comportamento del G o del B, e di fatto Perls sostiene che in realtà l'integrazione totale non esiste. E' certo che nel processo di integrazione una persona diventa sempre più responsabile della propria vita.
L'A integrato appare simile a quella che Fromm chiama "persona completamente sviluppata" e che Maslow chiama "persona che si autorealizza”. Maslow afferma che, oltre a usare il proprio intelletto, la persona che si autorealizza assume la responsabilità nei confronti di se stessa e degli altri e ha una capacità di consapevolezza e godimento assai simile a quella dei bambini:
"Di solito questi individui hanno una missione nella vita, un compito da adempiere, un problema non personale in cui investono gran parte delle loro energie... In generale questi compiti non sono personali o egoistici, ma interessano il bene dell'umanità o di una nazione... Dedite di solito a istanze fondamentali e a quesiti esterni, costoro vivono solitamente entro un vastissimo schema di riferimento…. Lavorano entro una struttura di valori ampia, non gretta, universale, non locale, nella prospettiva di un secolo, non di un momento. Hanno la meravigliosa capacità di apprezzare sempre con freschezza e ingenuità le cose fondamentali della vita, con rispetto, piacere, meraviglia e addirittura estasi, per quanto vecchie e trite queste medesime esperienze possano sembrare agli altri"(Maslow, "Motivazione e personalità").
Una persona che arriva a un pieno contatto col proprio potenziale umano sta integrando il suo A. Il suo interesse e impegno sincero per gli altri sono propri di un buon genitore; la sua intelligenza e capacità di risolvere i problemi è caratteristica di un adulto e la sua capacità di creare, di esprimere meraviglia, di dimostrare affetto sono caratteristiche di un bambino sano e felice.
L’Adulto Integrante
Berne descrisse, con una metafora biologica, gli aspetti dell’attività della mente umana come “organi psichici” la cui funzione è quella di organizzare il materiale proveniente dall’interno e dall’esterno. Egli riteneva che la personalità dell’individuo fosse un complesso sistema a cui si può pensare come organizzato in tre strutture:
1. un sistema di elaborazione connesso all’analisi psico - emotiva del qui – ed -ora (la Neopsiche)
2. un sistema teso ad organizzare il materiale psichico introiettato (l’Esteropsiche)
3. un sistema legato all’organizzazione delle pulsioni dell’istinto, dei bisogni primari e delle esperienze emotive infantili (l’Archeopsiche)
Questi sistemi formano tre strutture organizzative: mentale, emotiva e comportamentale, che Berne definì Stati dell’Io, riferendosi ad essi come agli “organi della psiche”, e alle loro attività come allo stato dell’Io del Genitore/Esteropsiche, dell’Io Bambino/Archeopsiche, e dell’Io Adulto/Neopsiche.
Uno dei grossi problemi nel definire gli stati dell’Io nell’AT sono i diversi e diversificanti punti di vista e modelli. Questa difficoltà risale a Berne che li definì in modi contraddittori.
Se lo stato dell’Io Adulto si definisce come “una gamma di sentimenti, atteggiamenti e schemi comportamentali appropriati alla realtà contingente” (Berne), allora il neonato possiede un Io adulto e “l’ individuo in verità nasce Adulto” (Sprietsma). Questo perché il feto, sviluppando “una gamma di sentimenti, atteggiamenti e schemi comportamentali adattatti alla realtà in utero, può pensarsi come avente una neopsiche, cioè uno Stato dell’Io Adulto.
Quello che è importante per la presente discussione è se lo Stato dell’Io Bambino si definisca come lo stato che ingloba solo materiale risalente a esperienze passate “fissatesi”, e il Genitore come quello che ingloba solo materiale introiettato; oppure se il Bambino e il Genitore “contengano” entrambi anche esperienze arcaiche e introiezioni che non sono copionali.
La terapia cambia a seconda di quale definizione si adotti, vale a dire: se “la persona completamente sana, sia chi possiede solo un Adulto Integrato, oppure chi possiede tutti e tre gli stati dell’Io; è semplicemente in questa differenza di definizioni che sta la differenza tra i due modelli” (Steward).
In assenza di una nomenclatura standard e di accordo sulle definizioni, è necessario essere chiari su quelle che decidiamo di usare.
In ciò, la formulazione “se…, allora” della logica filosofica risulta coerente con la filosofia costruttivista ed utile; cioè: “Se noi definiamo l’Adulto in un certo modo, allora dobbiamo considerare questa qualità o esperienza come l’Adulto e, di conseguenza, non come Bambino o Genitore.”
Questo passaggio è importante perché allude al processo integrativo (o meccanismo) grazie al quale atteggiamenti, caratteristiche, comportamenti e pensieri vengono integrati nell’Adulto in maniera non irrisolta o contaminata. Qui si allude, inoltre, al fatto che alcune qualità dell’Adulto sarebbero in origine “proprie del bambino”, non solo metaforicamente (come se) ma anche strutturalmente.
Questa è in se stessa una grave contaminazione di cosa significhi essere Adulto.
Come abbiamo visto, secondo Berne, il fascino, la responsabilità, la capacità di analisi della realtà oggettiva e la responsabilità etica mostrate dalla persona che attiva l’Adulto, rappresentano rispettivamente elementi dell’Archeo, Neo ed Esteropsiche integrati nello Stato dell’Io della neopsiche.
Seguono due conseguenze di questa visione e altrettante obiezioni:
1. che l’Adulto nell’Adulto è solo un elaboratore di dati. Visione questa, contraddetta dall’esperienza, dall’AT e dalle neuroscienze.
2. che l’origine di fascino e senso di responsabilità, e dell’etica, si trovano necessariamente in materiale arcaico o introiettato (visione epigenetica dello sviluppo infantile); punto di vista anche questo, contraddetto dalla ricerca nel campo dello sviluppo infantile degli ultimi 15 anni.
Un esempio clinico
Dialogo tra A., un paziente, e la sua terapeuta, B.
A: Alf B.: Bea
A: -seduto raggomitolato con la testa da una parte- Non so cosa faccio qui. Se questo ha senso, se lei può aiutarmi…..
B: Non sai se ha senso e se io ti posso aiutare…
A: -interrompendola e guardandosi intorno- Esatto -sottolineandolo con forza-, Non me lo merito.
B: Lo dici con una certa forza…
A: -aggressivamente- davvero?
B: quindi hai stabilito un contatto con me, in modo piuttosto energico, quando hai detto “Io non me lo merito”. Come se…..
A: sì , beh, non me lo merito.
B: sembra che tu volessi mantenere il tuo punto di vista su te stesso interrompendomi.
A: mi dispiace
B: non te lo dico perché tu ti dispiaccia
A: -in silenzio-
B: L’hai presa di nuovo nel modo sbagliato? Beh, forse anche io l’ho presa nel modo sbagliato.
A: che cosa intende?
B: beh, il modo in cui ho posto la cosa, il fatto di avermi interrotto, può esserti sembrato che volevo rimproverarti
A: sì
B: quello che vedo è che mi sembra che tu giudichi te stesso e che ti rifiuti di considerare quello che io avrei potuto dire
B: - continuando a guardarlo- Sono ancora qui
A:-lunga pausa, inizia a piangere, piano, guardando Bea e fuggendo poi il suo sguardo rompendo a tratti il contatto con lei- Quando facevo il cattivo mia madre mi chiudeva nello sgabuzzino dei giochi. Alla fine ci andavo prima che mi ci mandasse lei.
B: quindi ti “chiudevi” prima che lo facesse lei.
A: -asserisce-
B: Sembra un buon modo di proteggerti. Lo fai anche adesso qui con me?
A: Beh, suppongo che non dovrei “chiuderti fuori”………
L'Adulto integrante fra memoria implicita ed esplicita
Nel trascritto clinico, il paziente è contaminato e funziona a partire da "stati della mente inferiori" (Siegel, 2005), cioè secondo modalità non integrate che generano risposte rigide e ripetitive, reazioni impulsive, mancanza di riflessione su di sé.
E' attiva la memoria implicita a partire dalla quale Alf esperisce il presente con vecchie modalità, di cui è inconsapevole.
La memoria è il processo attraverso il quale il cervello risponde alle esperienze e crea nuove connessioni neuronali, modificando i pattern presenti e futuri di attivazione neuronale. Tali collegamenti vengono stabiliti attraverso due principali forme: la memoria implicita e quella esplicita. Oggi sappiamo che essa non è da considerare alla stregua di un archivio in cui le esperienze passate vengono immagazzinate e conservate nella loro forma originale; gli studi neuroscientifici (Edelman, 1990) convergono, infatti, nel concettualizzare la memoria come una collezione di frammenti che si ricompongono a formare l'esperienza del ricordo. Gli eventi e le esperienze vissute nel presente agiscono sulla memoria delle esperienze passate, selezionando, assemblando e organizzando il ricordo. Edelman (1990), a questo proposito, parla di "presente ricordato", concetto in base al quale non è il passato storico ad essere rievocato, ma il presente del ricordo. Ciascun contesto presente, inoltre, seleziona un insieme leggermente diverso di frammenti del passato o li organizza differentemente. Questo fa sì che i ricordi, anche se si riferiscono alla stessa esperienza, siano sempre diversi, perché sono assemblati e selezionati in contesti presenti che difficilmente si ripetono.
Una caratteristica importante della memoria implicita è che il richiamo dei ricordi non è associato alla sensazione di star ricordando qualcosa, né alla consapevolezza che la propria esperienza interna sia legata al passato.
Nel nostro trascritto, la terapeuta aiuta il paziente a riunire i ricordi impliciti al frammento di ricordo esplicito, inserendoli e integrandoli in un quadro narrativo più ampio. Il richiamo della memoria implicita è evidente nell'atteggiamento corporeo del paziente: è raggomitolato e con la testa da una parte; il tono della voce diventa più energico; interrompe la terapeuta, pur non essendo consapevole del collegamento fra l'esperienza presente e il ricordo passato/presente.
Il paziente funziona a partire da materiale regressivo, appartenente al passato, o, detto in altri termini, a partire dallo stato dell'Io Bambino. Gli interventi della terapeuta stimolano lo Stato dell' Io Adulto, in modo tale che il paziente
• possa avere accesso ad aree di funzionamento superiore che coinvolgono
l'attività dell'area prefrontale, situata in corrispondenza delle regioni
anteriori della corteccia cerebrale
• possa utilizzare i processi razionali e riflessivi di elaborazione delle informazioni
• possa valutare varie possibilità, operare scelte flessibili e non automatiche
• possa raggiungere un senso integrato di autoconsapevolezza
Funzioni dell'Adulto Integrante
Le funzioni sopradescritte rientrano in quelle dell'Adulto Integrante neopsichico le cui caratteristiche sono: l'integrazione, l'autonomia, i bisogni relazionali, la consapevolezza riflessiva, la consapevolezza critica, la maturità, la motivazione e l'immaginazione.
Nel descrivere l’ “Adulto Integrante” analizzeremo le proprietà della neopsiche, poiché esse sono l’origine del suo principio organizzativo: l’integrazione. Secondo Berne sono 4 le proprietà importanti degli Stati dell’Io (e organi della psiche): potere esecutivo, adattabilità, fluidità biologica e aspetto mentale.
Il potere esecutivo dell’Adulto è stato discusso prevalentemente in relazione agli altri stati più che a se stesso.
Secondo il Costruttivismo, il terapeuta dell’AT è più interessato al concetto di potere “nell’Adulto” del paziente, come distinto dal potere dell’Adulto “sopra” gli altri stati o le altre persone. Ciò offre una visione Adulto-Adulto alternativa alla transazione di autorità genitoriale (Genitore-Bambino) la quale ha a che fare essenzialmente con l’ “attribuire potere”; alternativa, che facilita il potere individuale della persona.
L’Adattabilità all’ambiente (utero, famiglia, posto di lavoro, comunità) è una caratterista importante dello sviluppo organismico, dell’individuo e del suo essere “sociale”, sia che egli sia bambino o adulto, che l’Io Adulto.
Questo non significa però accettare e adattarsi all’ambiente in modo passivo, simbiotico, copionale. Bensì comprendere che l’adattabilità comporta “tenere conto” degli altri, delle costrizioni e delle conseguenze; compiti questi, sia sociali che esistenziali.
Vista l’enfasi che il costruttivismo pone sulla responsabilità reciproca e l’intersoggettività, qui l’accento è sul concetto di interadattabilità.
L’idea di “naturale crescita” insita nel concetto di fluidità biologica, implica che uno sviluppo dell’adulto comprenda:maturazione, socializzazione, e apprendimento, in un processo di evoluzione che può comportare, lungo la continuità, momenti di discontinuità e perfino un capovolgimento delle interazioni consolidate. Allo stesso modo lo sviluppo della personalità può essere costante, discontinuo o interrompersi.
Aspetto Mentale
Tutte le parti della psiche umana contribuiscono ad elaborare i dati dell’esperienza (mentalità).
Nell’affermare questo, Berne definisce l’AT “fenomenologia sistematica”.
Ciò che distingue la neopsiche del presente, dalle sue controparti archeo ed esteropsiche, è il suo processo integrato ed integrante “di evoluzione”, di possibilità di cambiamento: fare esperienze, riflettere, elaborare ed integrare.
Mentre le suddette proprietà berniane degli organi della psiche si ritrovano nei principi della teoria organismica, esse non implicano quel senso di aspirazione e movimento insito nel concetto di physis (Berne), che in modo più elaborato, coincide con quello di “tendenza alla realizzazione”, tipiche entrambe di ogni essere vivente.
Le sue caratteristiche sono quelle di fornire la principale motivazione allo sviluppo e al comportamento umano, di essere individuale ma anche universale e di essere costante; di essere un processo direzionato e costruttivo verso l’autonomia e di avere una natura pro-sociale.
Il suo canale umano preferenziale è la consapevolezza riflessiva.
Recenti ricerche neuroscientifiche sulla struttura celebrale dimostrano che il cervello mantiene caratteristiche di nostri predecessori: i rettili, i mammiferi inferiori e i primati, rispettivamente:
• i gangli basali, responsabili dell’attività motoria, inclusi gli automatismi
• il sistema limbico, associato ad emozioni e comportamento, e tipico dei mammiferi (prendersi cura, dare attenzioni, piangere del neonato dovuto a sofferenza psicologica)
• la corteccia; negli esseri umani è la corteccia pre-frontale la responsabile dell’elaborazione della progettualita’, dell’attenzione selettiva, del controllo delle emozioni, etc.
Queste ricerche confermano che il cervello funziona come un sistema globale integrato; con riguardo alla neopsiche, è chiaro che le funzioni di esso sono organiche, organismiche, integrate, proprie dell’Adulto e incentrate sulla realtà presente.
Integrazione, Integrante
L’Integrazione, la capacità di riflettere e attribuire un senso al mondo che ci circonda, è al centro della nostra discussione.
In questa sezione parleremo delle sue caratteristiche e della neopsiche.
L’ Autonomia
Berne definisce l’Io Adulto “autonomo”.
Erskine ribadisce che “lo stato della neopsiche funziona senza il controllo intrapsichico (esercitato) dall’Io introiettato o arcaico.”
L’integrazione necessita di libertà tanto quanto di capacità di stabilire confini tra se stessi e le costrizioni esterne.
Secondo Jahoda, l’equilibrio psichico si basa appunto sulla relazione tra mente e realtà circostante in termini di autonomia, di percezione di tale realtà e di capacità di gestire l’ambiente.
Bisogni Relazionali. Importanti necessità della neopsiche, così come la spinta all’appagamento di essi: devono essere appropriati all’età dell’individuo e collocati nella realtà presente.
Consapevolezza. La neopsiche ne è la sede; cioè dell’esperienza che scaturisce come risultato dell’ elaborazione del cervello e della mente in relazione all’ambiente.
Consapevolezza Riflessiva. Essere in grado di riflettere su se stessi e sulla vita è una parte importante dell’ essere “persona”, inclusa la capacità di riflettere sul nostro passato e sugli stati introiettati.
L ’Io completo e sano è quello in cui l’Adulto, nel suo pieno funzionamento, detiene il potere esecutivo, e ha integrato (assimilato) i contenuti e le esperienze di archeo e esteropsiche. (Erskine)
Questa capacità di riflessione su noi stessi e gli altri, di tagliar fuori esperienze che non hanno più rilevanza nel presente e quindi assimilare il passato in funzione del presente attuale, definisce “l’Adulto Integrante”, il quale, come sostantivo, descrive il processo della neopsiche (e non solo una delle sue funzioni).
Consapevolezza critica. Etichette come “Genitore Critico” definiscono uno stato in termini negativi e patologici.
Secondo l’autrice, un tratto importante dell’Adulto Integrato è la consapevolezza critica, vale a dire il mettersi in una posizione di allerta che rifiuta l’accettazione passiva di ciò che è solo supposto o ritenuto vero.
Maturità e Motivazione. La neopsiche è la fase di maturità della psiche, nel senso Rogersiano di “nella fase di pieno funzionamento”: essa è sinonimo di ottimale assetto psicologico e coerenza, ed è caratterizzata da apertura e fiducia nell’esperienza, nella vita, e nel saper vivere consapevolmente nella realtà presente.
Immaginazione. Libera dalla contaminazione di materiale introiettato o risalente al passato, la mente adulta è curiosa, aperta al contatto e alle relazioni, non solo con altre persone ma con le cose: l’arte, le idee, l’estetica. La mente adulta è divertente e sensuale.
Poiché la neopsiche è la sede della pura ragione, qui è localizzata anche la facoltà dell’intuizione (facoltà di ragionamento estremamente veloce).
L ’Adulto Integrante - Sommario Strutturale di uno Stato dell’Io in evoluzione
• Lo stato dell’Io Adulto viene demolito in favore del concetto in evoluzione di Adulto Integrante neopsichico.
• La neopsiche (Adulto Integrante) è concettualmente diversa dall’archeo ed esteropsiche, nelle quali sono posizionati un certo numero di distinti stati dell’Io, stati arcaici, introiettati o “fissatisi”.
• La Physis viene concettualmente localizzata nella neopsiche/Adulto Integrante e non nel Bambino Arcaico (come in Berne), physis (Berne), che in modo più elaborato, coincide con quello di “tendenza alla realizzazione”, tipiche entrambe di ogni essere vivente.
• Il suo canale umano preferenziale è la consapevolezza riflessiva
• Le qualità del Piccolo Professore - A1 (intuizione e creatività) vengono concettualmente ricollocate nell’Adulto Integrante in evoluzione (A2).
Poiché l’archeopsiche rappresenta quella parte arcaica della mente che comprende un certo numero di stati “fissi”, arcaici, allora il Piccolo Professore (A1) descrive uno pseudo - adulto nel Bambino, il cui comportamento è caratterizzato da un fascino che in realtà è solo adattamento. Si tratta di altra cosa dall’intelligenza e l’intuizione organismiche dell’Adulto Integrante.
• Riguardo a definizioni quali Adulto Critico o Ribelle, il problema centrale è stabilire se tali qualità siano integrate e diano forma all’Io del presente oppure no.
Esempio: se le azioni “del prendersi cura” e del “dedicare attenzioni” sono qualità integrate, cioè aspetti dell’evoluzione neopsichica, allora esse sono “Adulto”; se invece non lo sono, le si deve intendere come un Genitore Introiettato o Bambino Arcaico, a seconda della diagnosi.
In assenza di certezza, definizioni come “Genitore che si prende cura” creano solo confusione.
Il presente articolo critica la reificazione del Bambino e del Genitore nella teoria e nella pratica dell’AT.
La differenza con l’Adulto Integrante, sta nel fatto che non c’è fine al processo di integrazione: poiché l’Adulto neopsichico è in costante evoluzione, esso non può “fissarsi” né clinicamente né concettualmente.
Espansione dell’ Adulto
Seconda parte del dialogo tra Alf e la terapeuta Bea.
A: Beh, suppongo che non dovrei “chiuderti fuori”.
B: Una parte importate della terapia qui, sta nel giocare con quello che supponi soltanto e quello che invece sai di me e di te
A: -sorridendo- giocare suona bene. Vuoi dire che va bene fare delle ipotesi?
B: beh, se uno non sa, mi sembra giusto supporre.
A: -sorride e tira un sospiro di sollievo- Che sollievo, sto meglio, più leggero, come se non fossi “sbagliato”.
Giusto, è come se avessi davanti agli occhi un film. Adesso ti vedo, vedo che ti importa di me, che non mi critichi e pensi che sono sbagliato, e credo che non mi chiuderai nello sgabuzzino dei giochi.
B: Ah, ma pensi ancora a quello!
A: -sorride- No……., a volte sì
B: Questo è il gioco tra noi. Questo sapere qui e ora che tu sei ok e hai un valore, e il non sapere a volte queste stesse cose di te, né sapere cosa io, penso di te.
A: E’ proprio questo
L'ipotesi di salute accanto a quella di malattia che la terapeuta fa, consiste nel cogliere l'adattamento creativo del paziente nel passato e il suo fare ipotesi adesso, nel presente. Seguendo il metodo fenomenologico, la terapeuta sfida il giudizio del cliente su se stesso. Ciò che si presenta come arcaico e introiettato può non esserlo più, può cioè trasformarsi e, a questo livello, il lavoro di decontaminazione è utile per chiarire la differenza fenomenologica tra archeo ed esteropsiche da una parte e neopsiche dall'altra. Si noti che la decontaminazione è in effetti lavoro terapeutico fatto con l'Adulto. La sua "espansione" avviene quando il paziente viene invitato a fare un ulteriore passo in avanti, accrescendo, appunto, la consapevolezza di sé, la sua autonomia. Il concetto di "espansione" ci sembra legato a quello di individuazione di nuove possibilità; quando il paziente comprende di poter dire quello che pensa e vuole, si aprono davanti a lui nuove possibilità e piste da seguire.
Oggi sappiamo che le esperienze possono continuare ad avere un impatto sulle strutture cerebrali nel corso della nostra esistenza, modificando le connessioni che si stabiliscono fra i neuroni.
Le ricerche sull’attaccamento hanno prodotto nuove conoscenze sul modo in cui la relazione genitore-figlio influenza il successivo sviluppo del bambino e hanno mostrato come le modalità di interazione che il bambino stabilisce con le figure significative influenzino lo sviluppo dei suoi processi mentali. Possiamo quindi cercare di integrare le conoscenze neuroscientifiche, relative al modo in cui il cervello produce i processi mentali, con lo studio del modo in cui le relazioni interpersonali intervengano su questi processi e, sul piano terapeutico, sul modo in cui nuove relazioni interpersonali, basate sulla parità e sulla cooperazione, intervengano e siano in grado di modificare i processi mentali.
Una relazione A-A non transferenziale e cooperativa
Nel momento in cui la terapeuta sfida le convinzioni del paziente di non essere ok e di essere
sbagliato, assistiamo alla co-creazione di una relazione Adulto-Adulto non transferenziale che
avviene nel momento presente.
Prima dell’intervento della terapeuta la relazione paziente – terapeuta può essere definita transferenziale se riconduciamo il transfert ai momenti in cui altri sistemi motivazionali, diversi da quello cooperativo, si attivano nel paziente (Liotti, 2007). Liotti ne individua tre: quello di attaccamento, quello agonistico e quello cooperativo. Fra Alf e Bea è attivo il sistema di attaccamento che si esprime attraverso i modelli operativi interni formatisi in precedenti relazioni. Essi funzionano come schemi cognitivi ai quali viene assimilato il comportamento attuale del terapeuta. Il paziente, così, si aspetta di “essere chiuso” nello sgabuzzino e, in accordo con la sua modalità copionale, si “chiude” prima lui. L’intervento della terapeuta consente l’elaborazione in forma esplicita di ricordi prima esclusivamente impliciti, unitamente alla loro integrazione in processi narrativi più ampi, quelli della memoria esplicita autobiografica.
Quanto avviene nel trascritto clinico può essere considerato un esempio di "sintonizzazione affettiva" (Stern, 2005), dove paziente e terapeuta sono in una relazione paritaria e dove è attivo il sistema cooperativo (Liotti, 2007).
Quest'ultimo aspetto ci appare di importanza centrale, nella misura in cui riteniamo che la cooperazione fra pari costituisca la condizione relazionale per la costruzione e il potenziamento di un senso del sé realmente unitario.
Liotti (2007) afferma:
Una persona che soffra di discontinuità della memoria e della coscienza clinicamente significative, che abbia una conoscenza di sé frammentaria e incoerente e che intrattenga (inevitabilmente, vista la coincidenza fra qualità dell 'esperienza interpersonale e continuità della coscienza) relazioni caotiche, infelici o seriamente limitate, non ha e non ha avuto sufficiente accesso all'esperienza di un'intersoggettività rassicurante e paritetica. (p. 251)
Spesso, per questa persona, l'esperienza di parità intersoggettiva vissuta nella relazione terapeutica, rappresenta un'occasione del tutto nuova di divenire consapevole di sé e di espandere in modo coerente la propria personalità. Il paziente, nel momento in cui cerca aiuto e incontra il terapeuta, attiva il sistema motivazionale di attaccamento e il terapeuta, attraverso un atteggiamento empatico, tende all’accudimento. Tuttavia, è centrale che la relazione terapeutica si sviluppi, gradualmente, attraverso la definizione di scopi, mete condivise e negoziate in termini paritari. Solo in tal modo la persona che chiede aiuto può accedere ad un'autentica esperienza di intersoggettività paritaria (Liotti, 2007). Riteniamo che la possibilità che la relazione fra paziente e terapeuta divenga tale, sia legata all'attivazione e al potenziamento delle funzioni neopsichiche dell'Adulto integrante che, in queste ottimali condizioni, consente un accrescimento della personalità e delle possibilità.
Stern (2005), in questo senso, parla di "un'intersoggettività" della situazione clinica che non è solo
un utile strumento di lavoro, ma l'essenza stessa del processo terapeutico. Se è vero, infatti, che il
materiale clinico proviene dal presente e dal passato del paziente, è anche vero che le sfumature di
significato che assume e la sua forma finale sono modellate all'interno di una matrice relazionale
che viene continuamente ridefinita.
Quanto accade fra la terapeuta e il paziente del trascritto è riconducibile al concetto di “moment of
meeting” elaborato da Stern (2005), con il quale l’autore indica un momento del processo terapeutico che ha l’effetto di rimodellare il campo intersoggettivo e di modificare la relazione.
Tale momento non è riconducibile ad un generico e semplice intervento tecnico, ma deve piuttosto offrire una risposta autentica e specifica rispetto a quanto sta avvenendo nel momento presente, affettivamente carica e in grado di ampliare il campo intersoggettivo del paziente e del terapeuta, in
modo tale che la relazione percepita da entrambi assuma improvvisamente una forma diversa rispetto a quella che aveva prima del momento di incontro.
Facendo riferimento al nostro frammento clinico, inizialmente, il paziente, immerso nella contaminazione, "non vede" la terapeuta e pensa di "non essere visto"; grazie all'attivazione dell'Adulto, tuttavia, egli può entrare in una relazione che non è transferenziale, ma centrata sul qui ed ora e autentica.
La seduta di Alf e Bea è l'analisi del contatto e del suo mantenimento nella relazione terapeutica, così come della sua rottura. L'analisi delle transazioni è propriamente l'analisi del contatto momento per momento: sia quando esso si verifica a pieno sia quando si interrompe. Detto in altre parole, "le rotture del processo di empatia vere e proprie, permettono al terapeuta di aiutare il cliente a integrare Stati dell'Io precedentemente dissociatisi”.
Conclusioni
Il paziente, dunque, vive con la terapeuta un'esperienza benefica, nuova che possiamo ipotizzare vada ad "incidere" sul ricordo del passato. L'esperienza presente, afferma Stern, deve essere in grado di modificare il passato, mitigando la sua influenza, selezionando quali aspetti avranno un peso maggiore o operando delle trasformazioni su un piano funzionale ed esperienziale. Riteniamo che tali trasformazioni siano prerogativa della funzione della neopsiche che, attraverso l'espansione dell'Adulto, permette la co-creazione, in terapia, di nuove possibilità di relazione, messe in atto e testate nel setting terapeutico.
Tutto muove da un lavoro di decontaminazione che attiva l'Adulto e che permette alla memoria implicita di divenire esplicita, al conoscere implicito di divenire consapevole in una maniera intersoggettiva. Il paziente diviene così in grado di vedere nuove possibilità, di accedere ad aree di funzionamento mentale superiori e di espandere la sua consapevolezza. E' in questo processo che riteniamo si esprima al meglio la funzione neopsichica dell'Adulto integrante. Quando la comprensione empatica viene percepita dal paziente, essa "risuona" soprattutto a livello del sistema limbico e favorisce la comprensione e l'accettazione di sé. Nell'espansione dell'Adulto, questo tipo di contatto si concentra su cosa accade adesso piuttosto che su cosa accadde allora, su cosa sta succedendo ora, piuttosto che su cosa non sta succedendo. A questo proposito, Josè Grègoire, intervenendo nel dibattito relativo al rapporto fra modello strutturale e modello funzionale, scrive, relativamente alle forme di lavoro sul qui ed ora: "Qui i concetti collegati alla ripetizione, come molti dei concetti creati nel contesto della decontaminazione, devono essere completati da concetti che descrivono l'evoluzione ".
Un lavoro basato esclusivamente sul materiale arcaico e fissato, rischia di mantenere in ombra le potenzialità dei momento presente.
La terapia, dunque, ha a che vedere certamente con i traumi del passato ed è in questo senso un processo fenomenologico ed esistenziale, ma riteniamo che, in primis, costituisca creazione di nuove possibilità.
Quanto più ci teniamo vicini ai concetti di ripetizione e interiorizzazione della relazione genitori-bambini, tanto più la teoria classica dell'AT sarà utile. Ma, nell'ottica neopsichica di espansione, potenziamento e creatività, ci sembra utile ricorrere al concetto di un Adulto integrante che è in costante evoluzione, pertanto non può fissarsi né clinicamente né concettualmente.
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