Le emozioni: guide preziose dei nostri comportamenti 

Le emozioni hanno avuto un forte ruolo adattivo nel corso della filogenesi, cioè lungo l’arco dell’evoluzione umana, permettendo agli esseri umani di sopravvivere in un ambiente ostile e irto di difficoltà. Pensiamo al potere salvifico della paura: è questa emozione che ha consentito all’uomo di fuggire di fronte ad un rumore improvviso che poteva preannunciare una catastrofe naturale o all’arrivo di una bestia feroce. E’ l’impulso ad agire prodotto da questa emozione che ha consentito agli esseri umani di scappare, di immobilizzarsi o di attaccare a seconda della situazione. Oppure pensiamo al ruolo del disgusto: è grazie a questa emozione che gli individui hanno potuto scartare cibi nocivi o ambienti dove le condizioni non fossero adattive per l’uomo. Analogo discorso può essere fatto per tutta la gamma emotiva che l’uomo può provare. Nel caso della tristezza, può aver avuto la funzione adattiva di favorire momenti di ritiro a seguito di perdite importanti, funzionali ad un recupero psico-fisico. La gioia è un’emozione che ha un potere espansivo sul pensiero, consente di vedere alternative e nuove opzioni. Quando siamo allegri il nostro corpo produce serotonina, che aumenta il tono dell’umore, dopamina, che accresce la curiosità ed endorfine che hanno un potere appagante.
Se dall’evoluzione dell’uomo ci spostiamo all’ontogenesi, quindi ci concentriamo sullo sviluppo del singolo individuo, possiamo cogliere il ruolo altrettanto adattivo delle emozioni. Pensiamo ai messaggi che il pianto di un bambino di pochi mesi, che non è in grado di parlare, può esprimere nei confronti del caregiver: può essere il segnale di un disagio dovuto alla fame, ad un dolore, al bisogno di dormire o di prendersi una pausa dalle stimolazioni esterne che, per il suo sistema nervoso ancora molto immaturo, possono diventare eccessive. Chi si prende cura del bambino ha una serie di indicazioni, certamente da decodificare attraverso l’osservazione e l’ascolto empatico, sullo stato interno del bambino che consentono una risposta adeguata al benessere e alla crescita. 
Va detto, in realtà che in ogni fase della vita le emozioni mantengono una grandissima funzione per gli esseri umani. Pensiamo all’importanza di provare paura: in alcuni momenti l’ascolto di questa emozione può salvarci la vita. Recentemente una coppia di amici mi ha riferito di avere iniziato una passeggiata in montagna senza grandi pretese. La bellezza del paesaggio e l’aria fine avevano portato la coppia a salire ad un’altezza via via maggiore, fino ad arrivare a punti in cui era possibile solo arrampicarsi, senza, tuttavia, che fossero dotati della benché minima attrezzatura. Solo la paura ha consentito loro di tornare indietro e di avventurarsi in un’impresa che sarebbe stata pericolosa, prova ne è il fatto che su quella stessa montagna, all’insaputa della coppia, quello stesso giorno, due turisti, con ai piedi delle semplici infradito anziché scarponi da arrampicata, avevano avuto un grave incidente.
Anche ascoltare i segnali di rabbia, è molto utile alla nostra vita. Questa emozione può segnalare un sopruso o una prepotenza dannosa per noi e per la nostra vita. Indignarsi perché qualcuno ottiene immeritatamente un posto di lavoro attraverso un concorso truccato, e denunciare l’accaduto, può contribuire a migliorare una società organizzata su criteri ingiusti e arbitrari. Arrabbiarsi perché, nei pressi della casa in cui si vive, una fabbrica immette nell’aria e nell’atmosfera gas inquinanti e nocivi alla nostra saluta, può servire a salvare vite umane lungo diverse generazioni.
Rimanere in solitudine a seguito di una delusione o di una cattiva notizia, può servire a rafforzare il proprio Sé e a recuperare nuove energie.
E’ indubbio, dunque, che provare, ascoltare ed esprimere le proprie emozioni sia funzionale al nostro adattamento, tuttavia, la gestione dei nostri aspetti emotivi non è così semplice. Per renderci conto di quanto sia complesso il rapporto con le nostre emozioni, riprendiamo gli esempi fatti sopra e osserviamoli da un altro punto di vista. Pensiamo alla coppia che passeggia in montagna; immaginiamo che uno dei due partner sia particolarmente ansioso e costantemente preoccupato di morire: anche il percorso più semplice per questa persona è in grado di incutere timore, così, anziché godersi la bellezza della vegetazione e l’aria fine, non fa che lamentarsi sin dall’inizio del percorso. Allo stesso modo, possiamo immaginare una persona costantemente sospettosa, preoccupata che gli altri possano ingannarla e danneggiarla: non fa che denunciare i vicini di casa e i colleghi di lavoro, per soprusi e prepotenze che vede solo lei.
In altre parole, se le nostre emozioni sono spesso delle guide essenziali nella nostra vita, allo stesso modo, possiamo confonderci e reagire agli eventi esterni con livelli di intensità talmente elevati da ritrovarci in uno stato di iperattivazione costante che ci impedisce di vivere serenamente la nostra vita.
Le emozioni ci hanno guidato saggiamente lungo il cammino dell’evoluzione, tuttavia, le nuove realtà legate alla civilizzazione sono sorte molto velocemente se paragonate ai tempi di cambiamento del nostro sistema nervoso. Come afferma Goleman, “troppo spesso ci capita di dover affrontare dilemmi postmoderni con un repertorio emozionale adatto alle esigenze del Pleistocene” (1996, p. 24). 

Mentre nel cammino evolutivo della specie umana hanno avuto un ruolo di primo piano le risposte emotive immediate, nella realtà odierna, ai fini del nostro benessere, è necessaria una competenza emotiva che consenta agli individui di gestire con consapevolezza i vissuti emotivi.