La gestione delle emozioni



La capacità di gestire le emozioni è una componente essenziale del benessere psicologico e ci consente di interagire con gli altri in modo efficace e socialmente appropriato. 
Le emozioni sono impulsi ad agire, cioè piani di azione dei quali ci ha dotati l'evoluzione per gestire in tempo reale le emergenze della vita (Goleman, 1995; Siegel, 2010).
Le emozioni hanno avuto un ruolo adattivo nel corso dell'evoluzione umana, consentendo ai nostri antenati di adattassi e di sopravvivere. 
In particolare, le 4 emozioni di base - rabbia, paura, tristezza, gioia - hanno permesso una risposta immediata e fortemente adattava dell'organismo umano a grossi pericoli rappresentati dai predatori o dalle catastrofi naturali. 
Mentre nel cammino evolutivo della specie umana hanno avuto un ruolo di primo piano le risposte emotive immediate, nella realtà odierna, ai fini del nostro benessere, è necessaria una competenza emotiva che consenta agli individui di gestire con consapevolezza i vissuti emotivi. Raramente, oggi, ci troviamo in situazioni che richiedono una reazione immediata, piuttosto ci è utile fermarci a riflettere, a pensare alla situazione che stiamo vivendo e a ciò che stiamo provando.
Un aspetto centrale della competenza emotiva è, infatti, la consapevolezza del nostro vissuto emotivo. Può capitare, talvolta, di sentirsi agitati o di provare sensazioni fisiche di disagio, senza, tuttavia, essere a contatto con l'emozione provata e senza sapere il motivo del disagio. 

Un'altra componente essenziale della gestione delle emozioni è la capacità di regolarne l'intensità.

La capacità di regolare le emozioni 


Per regolazione delle emozioni si intende la capacità di modulare in modo flessibile gli stati emotivi (Shore, 2003), minimizzando le sensazioni spiacevoli e amplificando quelle piacevoli (Westen, 1997).
La regolazione delle emozioni è una capacità che si acquisisce durante lo sviluppo e il contesto primario in cui si dispiega questa funzione è la diade madre-bambino. Nelle prime fasi della vita, infatti, è la figura di accudimento che si occupa di calmare, sostenere e regolare il livello emotivo del bambino, rispondendo con empatia ai suoi bisogni. Più il bambino riceve accettazione e riconoscimento delle sue esperienze emotive più sarà in grado, nel corso dello sviluppo, di  svolgere autonomamente la funzione di regolare l'intensità del suo livello emotivo. 
La capacità di regolare le proprie emozioni non va confusa con la censura di ciò che proviamo; al contrario, ha a che fare con l'accogliere e l'accettare tutta l'esperienza emotiva, mantenendo, tuttavia, la sensazione di riuscire a gestire ciò che proviamo. Il nostro sistema emotivo è disregolato nel momento in cui ci sentiamo in preda ad una paura che ci appare soverchiante, quando perdiamo le staffe o quando siamo pervasi da un senso di tristezza molto forte. In generale, un individuo è in uno stato di disregolazione quando agisce in maniera impulsiva e poi, una volta placata la tempesta, si pente. Il punto sta nel capire come mai è tanto facile diventare irrazionali.
Uno degli obiettivi della psicoterapia è proprio quello di acquisire consapevolezza di quanto ci accade quando siamo in preda ad un'emozione soverchiante senza sapere come mai e senza riuscire a ritrovare la calma e la serenità.



Il potere del pensiero positivo



Le emozioni negative molto forti hanno la capacità di sopraffare la concentrazione e la nostra capacità di pensare. Quando siamo in preda ad un forte sentimento di rabbia, paura o tristezza, viene infatti indebolita la "memoria di lavoro", cioè la capacità di tenere a mente tutte le informazioni rilevanti per portare a termine un compito, un'iniziativa o per risolvere una situazione che ci appare problematica. In questi casi, la mente non è libera di scegliere, le preoccupazioni annebbiano la razionalità e, di conseguenza, diventa difficile cogliere le opzioni a nostra disposizione per uscire da un possibile impasse.
Goleman, nel suo libro "L'intelligenza emotiva" (1995), riporta, invece, molti esempi degli effetti di uno stato d'animo positivo ai fini della realizzazione die propri obiettivi. Studi condotti su atleti olimpionici, musicisti di fama mondiale e grandi maestri di scacchi hanno messo in evidenza che l'aspetto comune a tutti questi individui è la capacità di automotivarsi in modo da sopportare durissimi programmi di studio o allenamento, unitamente alla capacità di provare entusiasmo e di essere perseveranti, nonostante gli insuccessi. 
Essere ottimisti, naturalmente in maniera realistica, ed essere inclini alla speranza, significa nutrire nutrire forti aspettative che, in generale, gli eventi della vita volgeranno al meglio nonostante le difficoltà incontrate e le possibili frustrazioni. Chi pensa in termini positivi attribuisce l'insuccesso a dettagli che possono essere modificati e, di fronte ad una delusione, tende a reagire attivamente e con un atteggiamento pieno di speranza, formulando un piano di azione o cercando l'aiuto e il consiglio di qualcuno. Al contrario, chi tende a pensare in termini negativi e catastrofici, reagisce ai fallimenti dando per scontato il fatto di non poter fare nulla affinché le cose vadano meglio la volta successiva, attribuendo l'insuccesso a qualcosa di personale e di immodificabile.
D'altra parte, pensare positivo e coltivare la speranza che tutto andrà per il meglio, sono aspetti molto legati alla possibilità di mantenere un costante contatto interno con le "cose buone" di noi stessi e della nostra vita. Il poter richiamare quello che la Klein ha definito l'"oggetto buono" è proprio il processo mentale che ci consente di non sprofondare nello sconforto e nella disperazione.