Psicologia delle emozioni















Ecco un assaggio della prefazione del libro che ho scritto "Il linguaggio delle emozioni". 



Capita di frequente che le persone definiscano se stesse o gli altri come “emotivi”, con l’intenzione di giustificare il venir meno dell’autocontrollo o in riferimento a situazioni in cui ci si è fatti prendere dal panico, dall’agitazione o dallo sconforto. In realtà, come essere umani siamo sempre “emotivi”, cioè interagiamo costantemente con la realtà esterna attraverso il repertorio di emozioni di cui la natura stessa ci ha dotati. Spesso, tuttavia, l’attivazione che ha luogo dentro di noi in risposta agli eventi esterni sfugge alla nostra consapevolezza, al punto che, in alcune circostanze, diventa davvero difficile comprendere le ragioni di alcuni stati d’animo che avvertiamo. È solo quando le emozioni diventano visibili ed evidenti, ad esempio quando gli occhi si inumidiscono, la voce o le mani tremano, che siamo portati a parlare di “emotività”, come se fosse qualcosa che “ci è scappato”, qualcosa che non siamo stati capaci di arrestare o tenere sotto controllo.
Spesso le emozioni sono ben celate non solo agli altri ma anche a noi stessi, tanto che è frequente vivere l’esperienza di sentirsi “strani”, “agitati” senza conoscerne le ragioni. Nella difficoltà di capire alcuni nostri stati d’animo, ricorriamo talvolta al “tempo”, al “cielo coperto”, come possibili cause di un’inquietudine, di un malumore o di una tristezza di fondo. Certamente un bel cielo terso e un sole splendente possono influire positivamente sul nostro umore, ma purtroppo ho conosciuto persone molto depresse e molto sofferenti anche in splendide giornate primaverili, quando neanche il profumo intenso e dolce dei tigli del viale alberato che conduce al mio studio è stato d’aiuto nel lenire la sofferenza e la disperazione provate. Ciò che succede, in realtà, al di là delle circostanze esterne, è che la nostra mente collega, impasta elementi, situazioni, ricordi, a volte dettagli in modo da costruire significati del tutto personali, dei quali possiamo essere inconsapevoli e ignari. Altre volte, siamo portati a nascondere a noi stessi e agli altri le nostre reazioni emotive, aspettandoci l’imperturbabilità, quasi il nirvana, anziché risposte umane, all’insegna delle emozioni.
Al contrario, riconoscere di essere arrabbiati, tristi o impauriti, in molte circostanze, è davvero importante: apre la strada alla chiarezza, ci permette di prendere decisioni consapevoli e di rimanere in contatto con noi stessi.
Altrettanto importante è la capacità di modulare l’intensità delle emozioni che proviamo. Talvolta, ci sentiamo sopraffatti e dominati dalla rabbia, in preda ad una tristezza che non ci permette di vedere le cose con speranza, ad una paura così forte che tendiamo ad immobilizzarci o ad entrare in confusione. Altre volte, anziché provare gioia, siamo presi da una grande euforia accompagnata da un sottostante senso di inquietudine.
Regolare le emozioni non vuol certo dire reprimere ciò che sentiamo; ha piuttosto a che fare con il preservare la capacità di osservare, pensare, valutare le situazioni, in modo da non avere la sensazione di essere senza potere e senza via di uscita. Tutte le volte in cui non riusciamo a regolare l’intensità di un’emozione, sia essa piacevole o spiacevole, e ce ne sentiamo sopraffatti, la nostra capacità di ragionare e pensare è compromessa. La nostra lucidità, per diverse ragioni che esploreremo nel libro, è venuta meno e ci troviamo nella triste circostanza di agire in modo automatico e istintivamente.
Sono la familiarità e la dimestichezza con il nostro mondo interno che ci consentono di non percepire l’emotività come qualcosa di cui vorremmo liberarci e che non vorremmo far vedere agli altri. In realtà, tutti noi abbiamo bisogno del contatto con le emozioni nostre e con quelle degli altri. Gli incontri più belli, quelli che lasciano dentro qualcosa e che vengono ricordati nel tempo, sono proprio quelli “emotivi”, quelli cioè in cui succede qualcosa, in qualche modo ci si scopre, ci si sente compresi in profondità o si vede e si comprende in profondità l’altro.

B. Piermartini (2018). Il linguaggio delle emozioni. Milano: FrancoAngeli.