La
sintonizzazione madre-bambino come esperienza intersoggettiva di
regolazione degli affetti
Perché un bambino possa sviluppare l'esperienza del Sé è necessario che
i suoi segnali emotivi siano rispecchiati in modo abbastanza accurato
e coerente da una figura di attaccamento (E. L. Jurist, A. Slade, S.
Bergner, 2008). Una madre “sufficientemente” sintonizzata sui
bisogni e sugli stati interni del bambino, modula, soprattutto nel
primo anno di vita, i livelli di eccitazione che il piccolo può
raggiungere, attraverso la riduzione degli affetti negativi e il
potenziamento della possibilità di sperimentare affetti positivi.
Tale
funzione di regolazione affettiva è legata alla capacità della
madre di sintonizzarsi sui reali stati affettivi del bambino,
riconoscendoli come separati dai propri; è solo attraverso questa
distinzione che la madre può davvero occuparsi di calmare il
piccolo, in caso contrario può ipereccitarlo, rispondendo ai propri
bisogni affettivi, ad esempio, o ipostimolarlo, escludendolo dal
proprio campo intersoggettivo.
Nei casi in cui la figura
di attaccamento sia abbastanza sintonizzata sugli stati interni del
bambino, le inevitabili rotture della relazione e del “campo
intersoggettivo” (Stern, 2004), se sono seguite da una riparazione,
effettuata con il giusto tempismo e dalla stessa figura che ha
indotto lo stress, forniscono al bambino la possibilità di
immagazzinare l’esperienza che è possibile superare e gestire i
momenti di negatività (Malatesta-Magai, 1991).
Gli
stati negativi prolungati e non seguiti da riparazione, hanno, al
contrario, un effetto “tossico” e la durata degli intervalli in
cui il bambino viene lasciato a se stesso nella gestione di stati a
intensa affettività negativa, rappresentano un fattore di rischio
nella predisposizione alla patologia (Shore, 2003).
Il
ruolo dell’emisfero destro negli scambi intersoggettivi
Gli
studi neurobiologici dimostrano il coinvolgimento dell’emisfero
destro negli scambi intersoggettivi madre-bambino. Oggi disponiamo di
molte prove a sostegno del fatto che l’emisfero destro matura più
precocemente del sinistro; esso è la sede dell’elaborazione delle
informazioni emotive, visive, prosodiche e del riconoscimento delle
espressioni affettive.
Lo
scambio intersoggettivo, secondo Shore (2003), avviene “da una
corteccia orbitofrontale destra ad un’altra tramite trasmissioni
non verbali affettive di espressioni facciali, di prosodia, di
gestualità” (p. 379).
L’autore (2003) ha
suggerito che le transazioni di attaccamento madre-bambino, così
come le comunicazione terapeuta-paziente nel contesto del
transfert-controtransfert che avvengono in maniera inconsapevole e
attraverso il canale non verbale, costituiscano rapide transazioni
affettive non verbali tra emisfero destro ed emisfero destro. Mentre
il cervello sinistro comunica i propri stati ad altri cervelli
sinistri attraverso comportamenti linguistici consci, quello destro
comunica a livello non verbale i suoi stati inconsci ad altri
cervelli destri sintonizzati per ricevere queste comunicazioni.
(Shore, 2003, p. 350).
Le esperienze
intersoggettive, analogamente alle esperienze vissute prima della
comparsa del linguaggio, sono registrate nella memoria implicita
e non sono soggette a rimozione per un’immaturità neuronale
dell’ippocampo.
Questo tipo di memoria
costituirà l’essenza di un nucleo inconscio della personalità che
condizionerà, implicitamente e inconsapevolmente, affetti e
comportamenti, rimanendo al di fuori della consapevolezza simbolica e
verbalizzabile.
Le perdite di
sintonizzazione, analogamente alle esperienze di sintonizzazione,
possono essere ricordate profondamente nel corso della vita e tali
memorie rimangono al di fuori della memoria esplicita e
autobiografica, potendo riemergere sotto forma di risposte
fisiologiche disconnesse, di emozioni e di agiti (Valent, 2008).
Nella relazione
terapeutica (Mancia, 2004), i ricordi impliciti riemergono attraverso
i sogni e in varie modalità non verbali (gesti, movimenti,
odore) e intraverbali (tono della voce, pause o assenza di
pause nell’eloquio).
Sintonizzazione
e mentalizzazione
Il
processo di sintonizzazione affettiva permette una regolazione di
affetti che, in passato, non sono stati regolati nè mentalizzati. E’
utile esplicitare la funzione di mentalizzazione appena menzionata.
Per Fonagy è la
capacità di capire noi stessi e gli altri, dal punto di vista sia
implicito sia esplicito, in termini di stati soggettivi e di processi
mentali. ( P. Fonagy, A. Bateman in E. L. Jurist, A. Slade, S.
Bergner, 2008, p. 137). Tale capacità dipende dall’aver fatto
ripetutamente l’esperienza di essere compresi da adulti
significativi protettivi e non minacciosi, capaci di cogliere e
rispecchiare i nostri stati mentali.
Per
Kernberg (2008), la mentalizzazione, oltre ad aspetti cognitivi, come
la capacità di interpretare le esperienze mentali proprie e degli
altri (Fonagy, Target, 2008), comprende la capacità di regolare gli
stati emotivi e di dare significato agli aspetti soggettivi
dell’esperienza affettiva.
La capacità del
terapeuta di sintonizzarsi sullo stato emotivo del paziente è
speculare alla capacità del caregiver di contenere e regolare gli
stati di disregolazione dei bisogni del bambino nel primo anno di
vita (Schore). Una madre “sufficientemente buona” (Winnicott,
1965) regola tali bisogni fornendo la giusta dose di stimolazione,
sintonizzandosi sulle risposte del bambino e avendo sotto controllo
le proprie risposte negative. Analogamente, il terapeuta deve poter
autoregolare i propri stati negativi, indotti dall’identificazione
proiettiva per poter fungere da modulatore dello stato affettivo del
paziente.
Presenteremo ora un caso
che ci sembra pertinente a questo discorso teorico e che mostra come
nella relazione transferale si attivino emozioni e fantasie che
possono essere solo vissute, non pensate e non pensabili.
Bibliografia
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Jurist E., Target, M. (2002) Regolazione affettiva,
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Mancia M. (2004) Sentire
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Schore, A. N., (2003) La
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